ottobre 28

Saipem, l’Eni cede il 15%. Arriva la Cdp, poi l’aumento di capitale

Luigi Grassia per La Stampa


La Saipem volta pagina. Era attesa per la tarda serata di ieri la decisione del gruppo Eni di alleggerire l’impegno nella sua controllata dell’ingegneria petrolifera. Salvo sorprese, Saipem dovrebbe varare una manovra da 8 miliardi di euro (3,5 miliardi di aumento di capitale e 4,5 miliardi di rifinanziamento) volta a far guadagnare alla società l’autonomia finanziaria dall’Eni.  
Ieri si sono riuniti i cda di Saipem, Eni, Cdp e della controllata Fsi per deliberare, secondo indiscrezioni, la cessione del 15% di Saipem a Fsi. L’Eni dovrebbe così scendere dal 42,9% al 28% del capitale. Fra acquisto della quota e sottoscrizione dell’aumento di capitale la Cdp dovrebbe investire oltre 1 miliardo. 
La manovra permetterà all’Eni, il cui rating è sotto osservazione da parte di Standard & Poor’s, di deconsolidare Saipem e il suo debito. Grazie all’aumento di capitale, garantito da un pool di banche, la società di ingegneria riequilibrerà lo stato patrimoniale e potrà spuntare l’investment grade da parte delle agenzie di rating, così da ridurre il costo dei finanziamenti. Finanziamenti che in una prima fase verranno interamente assicurati dalle banche del consorzio di garanzia, per essere poi parzialmente rifinanziati attraverso l’emissione di prestiti obbligazionari. L’intera manovra verrà presentata oggi alla comunità finanziaria a Londra. 
Ieri Saipem ha anche approvato i conti dei primi nove mesi dell’anno. La perdita è di 866 milioni (a fronte di un utile di 212 milioni dello stesso periodo del 2014) soprattutto a causa delle svalutazioni. Però nel terzo trimestre 2015 si è registrato un utile di 54 milioni; l’amministratore delegato Stefano Cao commenta che «i risultati del terzo trimestre sono in linea con il periodo equivalente del 2014 nonostante uno scenario di mercato profondamente deteriorato». La società definisce questi numeri «incoraggianti». Per fine anno si prevede un rosso di 800 milioni. Il debito al 30 settembre è balzato a 5,7 miliardi (dai 4,4 del 31 dicembre 2014) ma a fine anno scenderà sotto i 5 miliardi. Crolla l’acquisizione di nuovi ordini: appena 5,3 miliardi di euro contro i 14,9 miliardi nei primi nove mesi del 2014. 
La Saipem è stata a lungo una grande fonte di utili per l’Eni e per gli altri azionisti, ma la caduta del prezzo del petrolio ha rarefatto nel mondo quei lavori di ricerca e sviluppo di giacimenti di cui Saipem vive, e si è creato un problema di debito. La Saipem resta una delle più importanti società di ingegneria petrolifera del pianeta e tornerà a far soldi quando il prezzo del barile risalirà, facendo ricominciare la corsa alle trivellazioni. Ma potrebbero passare degli anni prima che questo succeda, e i vertici del gruppo non vogliono restare troppo a lungo nell’incertezza: meglio sciogliere subito il nodo del debito.  
Fra l’altro i profit warning lanciati a gennaio e luglio 2013 sono costati a Saipem richieste di risarcimento per 174,2 milioni da 64 investitori.