
Brexit: governo Londra esclude un nuovo referendum
Ansa
Il governo britannico ha escluso la possibilità che si possa tenere un secondo referendum sull’Unione europea. L’annuncio sarà fatto dal premier David Cameron in un discorso ai Comuni questo pomeriggio. Lo riferisce il canale televisivo Channel 4. La decisione è stata presa stamane nel primo consiglio dei ministri dopo il referendum sulla Brexit.
Parigi e Berlino sono d’accordo sul fatto che si debba “agire velocemente” e in maniera decisa sulla messa in atto dell’uscita della Gran Bretagna dall’Ue. Lo ha affermato il ministro francese delle Finanze Michel Sapin a France 2. “Abbiamo temperamenti differenti, tutti conosciamo bene il modo in cui i tedeschi cercano di ragionare seriamente, e hanno ragione”, ha aggiunto. Ma “non c’è alcuna differenza tra Francia e Germania sulla domanda d’attualità: la Gran Bretagna deve andare in fretta? Sì. Londra ha votato, ha votato per il Brexit, il Brexit si deve mettere in atto fin da adesso”.
Portavoce, Juncker non si dimette – “Ho già avuto questa domanda giovedì scorso e la risposta è stata una parola di due lettere, di cui la prima è la ‘N'”. Così il portavoce della Commissione europea, Margaritis Schinas, ha risposto a chi chiedeva se il presidente Jean Claude Juncker intendesse dimettersi. A chi chiedeva quali sarebbero state le conseguenze politiche del voto nel Regno Unito, il portavoce ha risposto: “La Commissione non ha chiesto il referendum, chi ne deve trarre le conseguenze è chi ha chiesto il referendum”.
Commissione Ue, articolo 50 al più presto – La Commissione europea resta alla dichiarazione dei quattro presidenti letta da Jean Claude Juncker venerdì scorso e quindi “ci aspettiamo che venga notificato l’art.50 al più presto”. Lo afferma il portavoce, Margaritis Schinas, precisando che per la Commissione “non ci sarà alcun negoziato” con la Gran Bretagna “se non sarà stato prima notificato l’art.50”.
Praga, Junker non è l’uomo al posto giusto – Il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker “non è più l’uomo al posto giusto”: lo dice Il ministro degli Esteri della Repubblica Ceca Lubomir Zaoralek a margine dell’incontro dei capi della diplomazia dei paesi V4 (Repubblica ceca, Slovacchia, Ungheria, Polonia), della Germania e della Francia.
Johnson, nessuna fretta uscire da Ue – “Non c’è una grande fretta di lasciare l’Unione europea”: lo ha detto Boris Johnson citato dal Daily Mail. L’ex sindaco di Londra ha poi ringraziato il cancelliere George Osborne per aver messo “fine al progetto paura”, ovvero alle fosche previsioni sugli effetti della Brexit per l’economia britannica da parte della campagna ‘Remain’, di cui Osborne è stato paladino. “Non ci sarà una finanziaria di emergenza, le pensioni della gente sono al sicuro, i mercati sono stabili. Sono buone notizie.”
Cameron non chiederà Brexit al Vertice, Europa spaccata – Angela Merkel vuole temporeggiare. E Cameron, da parte sua, non chiederà l’avvio della Brexit al prossimo summit Ue, malgrado l’invito pressante che è venuto dal Parlamento europeo. Ma Matteo Renzi in serata morde il freno: “La partita è finita, ora si volta pagina. Non possiamo stare un altro anno a discutere dell’uscita della Gran Bretagna dalla Ue”. Così, ad appena due giorni dal trauma del voto britannico, l’Europa che a caldo aveva chiesto a gran voce una soluzione, la più rapida possibile, pur di attuare la Brexit, appare di nuova divisa. L’urgenza delle prime ore, ribadita con forza dall’inquilino di Palazzo Chigi ma anche dall’Eliseo, sembra sparita, e pare prendere piede la pericolosa tendenza di allungare i tempi. A pesare è anche l’impossibilità di aprire la procedura di divorzio in assenza della richiesta formale da parte britannica. Un situazione che espone l’Ue al rischio concreto di diventare ostaggio per mesi delle dinamiche interne di un Paese che, paradossalmente, le ha appena voltato bruscamente le spalle. Diventa a questo punto ancor più cruciale la riunione di a Berlino, del nuovo ‘direttorio’ a tre, composto dalla padrona di casa, Angela Merkel, dal presidente francese Francois Hollande e dal premier Matteo Renzi. Le differenze tra le posizioni dei vari leader europei salta all’occhio soprattutto a Bruxelles. Poche ore dopo la chiusura delle urne in Gran Bretagna, il Parlamento europeo, dando prova di grande unità e capacità di reazione, aveva messo a punto una durissima risoluzione che sarà votata martedì in cui si chiede l’avvio immediato della procedura prevista dall’art. 50 dei Trattati per negoziare l’uscita della Gran Bretagna. Ma in poche ore, tra le cancellerie europee, quella determinazione s’è decisamente diluita. Già ieri Frau Merkel aveva esortato a non essere “cattivi” nei confronti di Londra. E oggi, confermando una linea morbida, ha fatto trapelare la sua volontà di ‘temporeggiare’. “Cameron – scrive Die Welt – le regala la possibilità di prendere tempo, e questo sarebbe buono per Berlino. Le soluzioni veloci di Bruxelles non sarebbero nell’interesse della Germania”. E in effetti, malgrado la pressione di Renzi, Cameron non ha problemi a tenere il punto facendo sapere ai membri del Consiglio Ue che non sarà il prossimo summit, quello del 28 e 29 giugno, la riunione che avvierà le procedure della Brexit. Insomma, per ora non sembra esserci nessuna road map comune per uscire dall’impasse. Ovviamente, a parole si assicura che l’Ue, che per la prima volta mercoledì si riunirà solo a 27, ha “il pieno controllo della situazione e che – spiegano fonti europee – non c’è alcun vuoto legale sulle procedure di uscita”. Tuttavia, le stesse fonti, messe alle strette sulla questione dei tempi hanno cercato di dare, con scarsi risultati, una spiegazione plausibile: da un lato insistono che è nell’interesse della Gran Bretagna avviare questo chiarimento “as soon as possible”, il prima possibile. Ma contemporaneamente fanno notare come il voto abbia provocato “una crisi profonda, non solo della leadership conservatrice ma anche nella società britannica, su cui bisogna riflettere”. L’unica arma, decisamente spuntata, l’assicurazione che “senza notifica, nessun negoziato”. Come dire, nessuno sconto e nessuna trattativa informale con Londra, sino a quando non si mette nero su bianco la richiesta di uscita. Comunque un po’ poco per una Ue a 27 che pare rassegnata ad aspettare un nuovo leader conservatore, magari un chiarimento interno al Labour, prima di presentare la sua proposta di rilancio. Da Cameron ci si attende invece qualche indicazione sul problema apertosi riguardo la presidenza di turno Ue, che la Gran Bretagna dovrebbe assumere nel secondo semestre del prossimo anno: una prospettiva davvero surreale nella situazione attuale.