
La crisi di credibilità del regime di Pechino che fa precipitare i mercati
Federico Fubini per Corriere della Sera
Tutto è partito da un altro crollo dello Shanghai Composite Index, uno dei peggiori da quando gli equilibri del mercato azionario cinese sono saltati nello scorso mese di giugno: l’indice è caduto durante questa notte in Europa fino all’8,5%, per poi chiudere in territorio negativo del 7,3%. Tutti i guadagni delle borse cinesi per il 2015 sono cancellati e dal momento in cui gli indici di Shanghai sono iniziati a scivolare l’effetto a cerchi concentrici si è avvertito in tutta l’Asia e questa mattina senz’altro si farà sentire in Europa.
La reazione negativa del mercato ha una causa immediata: fra gli investitori sui listini di Shanghai si era diffusa l’impressione che le autorità di Pechino sarebbero in qualche modo intervenute ancora una volta per cercare di sostenere i listini, come hanno fatto nelle scorse settimane. Del resto il governo ha già imposto alle banche commerciali, controllate dallo Stato, di spendere l’equivalente di ben oltre cento miliardi di dollari per cercare di arrestare la caduta dei corsi azionari. Per il regime guuidato da Xi Jijping, presidente della Repubblica popolare e leader del partito comunista, è in gioco la credibilità: fino a pochi mesi fa le autorità incoraggiavano le famiglie risparmiatrici a investire nella borsa cinese, in vista di una progressiva apertura del sistema sia ai flussi di capitale da e per l’estero, sia a un metodo di finanziamento meno dirigistico e più di mercato degli investimenti.
Di qui l’attesa di un nuovo intervento pubblico del governo a sostegno della borsa, se non altro per tutelare la credibilità che hanno spinto gli investitori a comprare sul mercato azionario nei mesi scorsi. Ma questa volta non è successo. Il governo di Pechino sembra aver deciso di provare a far trovare al mercato il proprio equilibrio, e per adesso si tratta senz’altro di un equilibrio al ribasso. Lo Shanghai Composite Index è tornato oggi ai livelli di febbraio scorso, ma circa del 30% sopra ai livelli dell’autunno. Non è escluso che i prossimi giorni porteranno dunque altre forti correzioni al ribasso, dato che in Cina l’economia in genere e la redditività delle imprese è in evidente frenata.
Possono dunque esserci conseguenze a vari livelli. In primo luogo, gli strappi del mercato si faranno sentire in tutta l’Asia e anche in Europa e negli Stati Uniti, come sta già accadendo. Inoltre la Federal Reserve avrà un compito sempre più difficile, ora che deve decidere quando iniziare ad alzare i tassi d’interesse: se rinviasse ancora la stretta già molte volte annunciata, rischierebbe di perdere credibilità; ma se avviasse la sua manovra per far salire il costo del denaro, potrebbe portare altra instabilità in Cina, negli altri Paesi emergenti e infine anche in Occidente.
Ma l’aspetto più delicato resto quello politico: la credibilità del regime “comunista” cinese si è sempre basata sulla percezione di competenza dei suoi leader e sulla crescita dell’economia. Ora gli eventi di queste settimane a Shanghai stanno stendendo un’ombra su entrambe.
Chi non conosce la storia è costretto e riviverla. Dopo Bretton Woods il dollaro è stato per decenni moneta di riferimento negli scambi in tutto il mondo. Lo yuan rappresenta un possibile sostituto del dollaro. Si comporta come il dollaro con “prove di forza”. Le tre svalutazioni sono un avvertimento. Il segnale è lo stesso di una Ferrari senza benzina. Quando si mette in moto una Ferrari occorre molto carburante, per aumentare la vendita dei prodotti e quindi la convenienza a comprarli la Cina agisce sulla valuta. Nuovi capitali saranno attratti dal mercato cinese. Le borse anticipano i mercati ed ecco il crollo repentino (vedi 1987 Dj) L’hanno sempre fatto, lo faranno di nuovo. Il motore ripartirà anche se è stato truccato, perde i pezzi, ma è l’unico motore del pianeta, gli altri sono in gran parte al disfacimento !
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