Libia, quattro italiani rapiti a Mellitah
Adnkronos
La Farnesina informa che quattro italiani sono stati rapiti in Libia nei pressi del compound dell’Eni nella zona di Mellitah. Si tratta di dipendenti della società di costruzioni Bonatti. L’Unità di Crisi si è immediatamente attivata per seguire il caso ed è in contatto costante con le famiglie dei connazionali e con la ditta Bonatti.
Come noto in seguito alla chiusura dell’ambasciata d’Italia in Libia il 15 febbraio, la Farnesina aveva segnalato la situazione di estrema difficoltà del paese invitando tutti i connazionali a lasciare la Libia.
“E’ sempre difficile dopo poche ore capire la natura e i responsabili” del rapimento. “Nella zona ci sono anche stati dei precedenti. Per ora ci dobbiamo attenere alle informazioni che abbiamo e ottenerne di altre”, ha detto il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni.
Arrivando alla riunione del Consiglio Ue Affari esteri a Bruxelles, Gentiloni ha confermato che “il rapimento è avvenuto ieri sera e nella notte abbiamo avvertito le famiglie. Sono dei dipendenti della ditta italiana Bonatti. Stiamo lavorando con l’intelligence e oggi dobbiamo occuparci degli sforzi per recuperarli”. Il ministro ha sottolineato che “ora siamo impegnati a intervenire per cercare di trovare le persone rapite e risolvere il problema”.
Il rapimento “conferma la difficoltà di una situazione che resta instabile”, ha detto il ministro degli Esteri, che oggi discuterà anche della stabilizzazione della Libia. Gentiloni ha sottolineato che “sono stati fatti dei passi avanti dal lavoro dell’inviato speciale dell’Onu, Bernardino Leon, e ci auguriamo che la componente di Tripoli si unisca all’accordo che è stato raggiunto. Se l’accordo verrà concluso in modo largo, l’Italia sarà impegnata come nazione leader in tutta l’attività di sostegno alla ricostruzione e al consolidamento della Libia”.
Intanto dall’Ufficio stampa della Bonatti fanno sapere: “Almeno per le prossime due ore ci atterremo al comunicato diffuso dalla Farnesina”. L’azienda segue la vicenda, mantenendo per ora il riserbo sull’identità dei tecnici, ma restando “in contatto con le famiglie” dei quattro dipendenti. I rapiti sono quattro tecnici che lavorano presso alcuni impianti petroliferi nord-africani, per attività di sviluppo, trasporto e manutenzione.
Il corrispondente in Libia dell’emittente al-Jazeera ha riferito, senza aggiungere altri dettagli in merito, che i rapitori dei quattro italiani fanno parte “probabilmente” della milizia Jaish al-Qabail (Esercito delle Tribù), ritenuta alleata del generale Khalifa Haftar, nominato a febbraio comandante generale dell’esercito libico dal Parlamento di Tobruk, riconosciuto dalla comunità internazionale.
L’incaricato d’affari dell’ambasciata libica presso la Santa Sede, Ali Rugibani, in un’intervista ad Aki-Adnkronos International, sostiene che dietro il sequestro “potrebbero esserci le milizie islamiche di Tripoli”, il cui obiettivo è “fare pressioni sul governo italiano” per il ruolo svolto nei colloqui di pace sulla crisi libica. “Sono stato informato ieri sera del sequestro da Tripoli. Ancora non è chiaro esattamente cosa ci sia dietro né è possibile affermare con certezza chi sono i responsabili (del sequestro, ndr)”, prosegue il diplomatico.
Tra le ipotesi suggerite da Rugibani c’è anche la questione delle possibili sanzioni che l’Ue potrebbe imporre ai soggetti che ostacolano il dialogo sostenuto dalle Nazioni Unite. Lo scorso 12 luglio i delegati di Tobruk e Misurata, oltre ai rappresentanti di movimenti indipendenti e municipalità, hanno siglato in Marocco l’accordo di pace e di riconciliazione in Libia proposto dall’Onu. L’intesa non è stata firmata dal Parlamento di Tripoli, controllato dalle milizie islamiche e non riconosciuto dalla comunità internazionale, che invece sostiene quello di Tobruk.