Cina, a picco le Borse: domina il panico tra i piccoli investitori E il Partito è sconfitto

da Corriere della Sera
PECHINO Milioni di piccoli investitori cinesi sono disperati: la Borsa di Shanghai continua a scendere in caduta libera. Anche oggi l’Indice composito ha perso il 5,9%; in meno di un mese, dal picco del 12 giugno, i titoli si sono ristretti di oltre il 30%, per un valore che supera di quasi venti volte il debito greco. Scendono anche le altre Borse, da Hong Kong a Tokyo. Qui in Asia gli operatori oggi dicono: «Dimenticate la tragedia greca, che fino a domenica è in intervallo e rispetto a quello che succede in Cina rischia di essere solo una commedia».

Sospesa la metà dei titoli

Questa mattina, quando si è visto che il Composite Index a Shanghai aveva aperto a -8%, altre 500 società hanno annunciato la sospensione delle contrattazioni, portando il totale dei titoli congelati a 1.476, oltre il 50% di quelli quotati a Shanghai e Shenzhen. Un tentativo disperato di evitare di bruciare altra capitalizzazione: dal 12 giugno tremila miliardi di dollari di valore azionario è scomparsa.

Le contromosse inefficaci del governo

La Banca centrale di Pechino annuncia nuova liquidità, è stato creato un fondo speciale di 120 miliardi di renminbi (circa 19 miliardi di dollari) per sostenere il mercato, sono state sospese le Ipo (Offerte pubbliche iniziali di società che vogliono quotarsi per la prima volta), è stato dato ordine alle compagnie di assicurazione di acquistare titoli. Ma non è servito, in un mercato come quello cinese drogato da almeno 90 milioni di piccoli investitori poco esperti e mal consigliati (qualcuno ha confessato: «Ma me l’aveva detto il parrucchiere di investire»).

«Siamo al panico»

La China Securities Regulatory Commission, l’organo di controllo della Borsa, ha dovuto ammettere che «c’è un senso di panico che aumenta le vendite irrazionali di titoli». Si comincia a paragonare questa crisi a quella storica del 1929 a Wall Street, che per anni devastò anche l’economia reale degli Stati Uniti (anche se la situazione oggi in Cina è molto diversa). Per mesi la stampa statale aveva incitato gli investitori a scommettere ancora sul «Toro»: ma ora che le forze del libero mercato prevalgono anche in Cina, il Partito-Stato resta il grande sconfitto. Il panico che ha affondato la Borsa rischia di aprire una crisi di credibilità, di incrinare il grande patto con la gente che prometteva crescita e benessere in cambio di mano libera nelle scelte politico-economiche da parte del partito comunista.