febbraio 18

Bruxelles verso il no sul debito italiano

Ma l’Eurogruppo avverte: per le misure correttive c’è tempo solo fino al 20 marzo
Marco Bresolin per La Stampa.it

La Commissione europea ha deciso: il rapporto sul debito dell’Italia sarà pubblicato mercoledì 22 febbraio. Non ci saranno dilazioni. E salvo (improbabili) passi in avanti da parte del governo nei prossimi tre giorni, sarà negativo. Nel senso che non terrà conto delle promesse fatte dal ministro Pier Carlo Padoan nella sua lettera del 7 febbraio scorso. Bruxelles chiede impegni più precisi riguardo alle misure utili a ridurre dello 0,2% del Pil il deficit strutturale, ma questo non vuol dire che è già pronta ad aprire una procedura per deficit eccessivo. L’esecutivo Ue è sempre disposto a concedere più tempo all’Italia, non pretende di mettere la tagliola sul 22 febbraio. Però dal Palazzo Berlaymont fanno notare che il pressing dell’Eurogruppo non consente di andare molto oltre.  
Per cercare una conferma basta andare dalla parte opposta di Rue de la Loi, nella sede del Consiglio. Fonti vicine alla presidenza dell’Eurogruppo ammettono che c’è una data segnata in rosso sul loro calendario: il 20 marzo. Quel giorno si riunirà il consiglio dei 19 ministri economico-finanziari della zona euro e all’ordine del giorno verrà messo il caso-Italia. Se entro quel lunedì il governo ancora non avrà mosso passi concreti, i ministri lo metteranno nero su bianco e la Commissione non potrà più temporeggiare. Tutti sperano che questo sia lo scenario meno probabile e c’è ottimismo sul fatto che Padoan manterrà la parola. Ma l’Eurogruppo non intende abbassare la guardia. Il 5 dicembre il presidente Jeroen Dijsselbloem aveva chiuso un occhio per via del risultato del referendum e delle dimissioni di Renzi, ma ora non ci sono più ragioni per posticipare. Anzi, «l’instabilità politica» rilevata dalla stessa Commissione nelle sue previsioni economiche è un motivo per mettere in sicurezza i conti al più presto. 
Proprio lunedì Padoan sarà a Bruxelles per la due giorni di Eurogruppo ed Ecofin. I colleghi gli faranno notare che nella clessidra c’è sabbia a sufficienza per un mese, non di più. Il ministro parlerà a quattr’occhi anche con Pierre Moscovici e tornerà a chiedergli un cenno sulla possibilità di estendere lo «split payment», il meccanismo che consente ai soggetti della Pubblica amministrazione di versare direttamente l’Iva all’erario e non ai fornitori. Un sistema che nel 2016 avrebbe portato a un maggior gettito di quasi 10 miliardi. Il governo ha fatto una doppia richiesta alla Commissione: innanzitutto vuole poter estendere l’utilizzo di questo meccanismo di altri tre anni, vale a dire oltre la scadenza del 31 dicembre 2017. Per ottenere il via libera (in deroga), la Commissione dovrà formulare una proposta al Consiglio. Non succederà prima di due-tre settimane. E non è scontato che l’esito sia positivo. Ma Padoan spera almeno di incassare la possibilità di un’applicazione più elastica della deroga, estendendola non solo alla Pa, ma anche alle società partecipate.  
Questo, secondo i calcoli del Tesoro, potrebbe portare nelle casse dello Stato circa un miliardo in più nel 2017. Il 30% della mini-manovra.