
Elezioni presidenziali Usa 2016 Trump vince negli Stati chiave, Casa Bianca più vicina
da Corriere.it
La corsa per la Casa Bianca è in dirittura d’arrivo e a vedere il traguardo, contro le previsioni della vigilia, è Donald Trump. Il tycoon ha mantenuto la posizione nelle roccaforti repubblicane, ha vinto il confronto con Hillary Clinton negli swing state – in particolare in Ohio e Florida – ed è persino riuscito a fare propri alcuni Stati che i pronostici assegnavano senza troppi dubbi ai democratici. I seggi si sono appena chiusi (alle 7, ora italiana) in Alaska. Ma nel resto degli Stati lo spoglio è ormai avviato a conclusione. E il quadro che emerge dai risultati è impietoso per Hillary Clinton e il suo staff: dopo otto anni di presidenza Obama, il nuovo inquilino di 1600 Pennsylvania Avenue tornerà ad essere un membro del Great Old Party, seppure decisamente fuori dagli schemi e arrivato al successo nonostante l’ostracismo di una parte del suo stesso partito.
Grandi elettori e voto popolare
Trump, a spoglio non ancora ultimato, ha conquistato 245 dei 270 grandi elettori necessari per la maggioranza. La sua avversaria è ferma a 215. Tra gli Stati ancora da attribuire ci sono l’Alaska e l’Arizona, che già i pronostici assegnavano ai repubblicani. Ma Trump è in vantaggio anche in Wisconsin e conduce, seppure di poco, il testa-a-testa in Michigan e Pennsylvania, che sulla carta erano appannaggio dei democratici. Anche il voto popolare conferma lo stato di grazia di Trump: al di là dell’assegnazione su base maggioritaria dei grandi elettori, il rappresentante dei conservatori ha messo insieme su scala nazionale il 48,3% delle preferenze, contro il 47,2% della sua contendente.
Le battaglie per Florida e Ohio
Per respingere l’assalto di Trump e avere una garanzia di vittoria, Clinton avrebbe dovuto vincere almeno in Florida o in Ohio, mantenendo tutte le posizioni che sulla carta erano già sue. Ma in entrambi gli Stati i repubblicani sono riusciti a sfondare. E dire che nella prima parte dello spoglio ci avevano anche creduto, i democratici, alla possibilità di chiudere subito la partita – Hillary è stata per qualche tempo in testa – e si erano invece scoraggiati i sostenitori dell’imprenditore: «Ci serve un miracolo per vincere», si è lasciato scappare un consigliere di Trump citato dalla Cnn. Ma poi è stata la stessa Hillary a dare il segno del vento – e dell’umore – che stava cambiando, con un tweet diffuso subito dopo la diffusione delle proiezioni relative agli stati del Midwest, finiti in blocco al suo avversario: «Questa squadra ha molto di cui essere fiera. Qualunque cosa accada stanotte, grazie di tutto». Le certezze di vittoria della vigilia, insomma, erano già svanite. Anche il New York Times a quattro ore dalla chiusura dei primi seggi ha riconosciuto le possibilità di vittoria di Trump: le ha date inizialmente al 58% per poi portarle via via fino al 95%; nelle settimane scorse il borsino del quotidiano dava invece Clinton vincente al 90%. Il presidente uscente, Barack Obama, con un videomessaggio ha esortato gli americani a rimanere uniti, qualunque sia il risultato finale delle elezioni: «Non importa cosa accadrà – ha detto -. Il sole sorgerà al mattino e l’America rimarrà ancora la più grande nazione al mondo».
La battaglia per Camera e Senato
Anche se la corsa alla Casa Bianca cattura le maggiori attenzioni, si è votato anche per il rinnovo del Senato e della Camera dei Rappresentanti. I repubblicani, che già controllano i due rami del Congresso, dovrebbero riuscire a mantenere la maggioranza in entrambe le assemblee (anche se al momento è testa a testa al Senato). In caso di vittoria di Trump tutto il potere esecutivo e legislativo sarebbe dunque nelle mani dei repubblicani, che potrebbero governare senza preoccuparsi dei veti con cui ha invece dovuto fare i conti Obama in questi anni (un caso su tutti: la nomina sempre osteggiata del giudice vacante della Corte suprema, che ora non rischierà più di diventare a maggioranza progressista).
Le ripercussioni sui mercati
I dati elettorali che hanno fatto presagire la vittoria di Trump hanno avuto immediate ripercussioni, decisamente negative, sui mercati finanziari e valutari. Il peso, la valuta messicana termometro delle elezioni americane, è crolla arrivando a perdere anche il 5% rispetto al dollaro: era diventato il termometro del voto, con ascese nei momenti favorevoli a Clinton e deprezzamenti quando i sondaggi riportavano in auge Trump, che sul Messico aveva giocato almeno un paio delle sue carte elettorali: l’annuncio di un muro al confine con il Messico e l’intenzione di abolire il Nafta, l’accordo di libero scambio firmato da Bill Clinton. Le Borse asiatiche sono state le prime a far registrare segni meno nei listini: Tokyo, dopo l’avvio positivo, ha registrato una brusca inversione di rotta e segna ora un tonfo del 5,45%; Hong Kong è arrivato al -3,59%. Segnali negativi sono già arrivati anche da Wall Street, con il calo dei future. E a breve è attesa la reazione delle Borse europee. (GUARDA i listini internazionali)