dicembre 16

Petrolio, investimenti e concorrenza «Biglietti aerei mai così low cost»

da Corriere della Sera

 

Sarà, salvo imprevisti, un anno da ricordare per le tasche dei passeggeri. Perché se nel 2015 il costo dei biglietti è sceso ai minimi storici, nei prossimi mesi si pagherà ancora meno. «Soprattutto in Europa». A certificarlo è l’International air transport association (Iata), l’organizzazione che riunisce la maggior parte delle compagnie aeree nel mondo, nel suo dossier presentato a Ginevra. Calcola, quel documento, che la cifra media sborsata per un ticket di andata e ritorno — considerando ciascuna classe di volo (Economy, Business, First) e qualsiasi destinazione nazionale e internazionale — è stata di 472 dollari nel 2014, è scesa a 407 nel 2015 e toccherà i 375 nel 2016. «Rispetto al 1995 si tradurrà in una diminuzione del 61%», spiegano gli analisti della Iata. Grazie al petrolio, soprattutto. Ma anche ai piani d’investimento efficaci e a una concorrenza sempre più spietata tra i vettori.
L’anno d’oro per i vettori
Il tutto avviene in uno dei momenti migliori per le compagnie aeree: il 2015 si chiuderà con profitti netti superiori alle previsioni (33 miliardi di dollari, quasi il doppio rispetto ai 17,3 miliardi del 2014), l’anno prossimo pure, grazie a investimenti mirati e a un prezzo del petrolio sotto i 40 dollari al barile. «Sono valori che abbattono il conto delle compagnie per il carburante dai 226 miliardi nel 2014 ai 135 del prossimo anno», calcola Brian Pearce, capo economista della Iata. E che consentono ai vettori di investire di più nella flotta («nel 2016 voleranno 1.700 jet nuovi di zecca») e nei servizi aggiuntivi per i viaggiatori. «Finalmente un po’ di luce, dopo anni in cui abbiamo speso molto e ricavato poco o nulla», sintetizza Tony Tyler, che della Iata è l’amministratore delegato e il direttore generale. «Come hanno detto diversi amministratori delegati “ora siamo meno poveri di prima”». Gli imprevisti, è ovvio, sono in agguato. A partire dai due principali: il terrorismo e un eventuale shock petrolifero. A proposito del carburante. Gli scenari dell’International air transport association si basano su un prezzo futuro, al barile, di 63,8 dollari, «ma diverse analisi parlano di un valore addirittura di 20 dollari». Il che potrebbe abbassare ulteriormente, nel 2017, le tariffe e incidere ancora di più sui collegamenti intercontinentali.
Ticket sempre meno cari
Secondo il dossier voleranno più viaggiatori. Se nel 2014 sono stati 3,3 miliardi, quest’anno toccheranno i 3,6 e nel 2016 saranno circa 3,8 miliardi. Mezzo miliardo di persone in più — in trentasei mesi — che beneficerà di prezzi in netto calo. In particolare, come anticipato, in Europa. «Il mercato statunitense ha iniziato a godere della riduzione del costo del petrolio nel 2015 — spiega Pearce, l’economista della Iata — mentre il Vecchio Continente vedrà i veri effetti nel 2016». In realtà il calo, per gli europei, è stato vistoso già in questi mesi. Considerando le stesse tratte la spesa media per un biglietto di andata e ritorno è scesa del 17% rispetto all’anno passato. Negli Stati Uniti l’andamento è registrato dal Dipartimento dei trasporti. Dal 1979 al 2014 il volo andata/ritorno all’interno del Paese — compresi prenotazione e bagaglio imbarcato — è passato da 442,88 a 291,30 dollari, cioè il 34,2% in meno. A cui bisogna aggiungere la riduzione del 5% nei primi dieci mesi del 2015.
«Ma ora abbassare le tasse aeroportuali»
Il vero fronte, ora, è convincere i gestori degli aeroporti a far pagare meno tasse ai vettori, «e quindi ai viaggiatori». La Iata sottolinea che il costo del ticket potrebbe scendere ancora di più se gli scali, «soprattutto europei, pensassero meno a fare profitti nell’immediato». Spalleggiata, nella battaglia, da Airlines for America, l’associazione che rappresenta quasi tutte le compagnie Usa. Sono proprio questi ultimi a spiegare dove finisce ogni dollaro speso nel biglietto: «Il 21% va in tasse federali, il 20% in spese per il carburante, il 18% in costo del personale, il 38% in “altre spese” e il 3% è quel che entra di fatto nelle tasche delle compagnie». E il rischio è che le società di gestione degli aeroporti possano chiedere altri soldi con i nuovi protocolli di sicurezza introdotti nelle misure anti-terrorismo. «Ma su questo punto siamo inflessibili — dice al Corriere della Sera Tyler, il numero uno della Iata —: così come non “scaricano” le spese sulle persone che si muovono su treni e traghetti così devono comportarsi fare anche con chi vola».