ottobre 12

“La Versa” sull’orlo del crack. Rilancio “bresciano”: i dubbi dei soci

Le storiche cantine “La Versa” dell’Oltrepò hanno accumulato debiti per quasi 20 milioni. La salvezza pare poter giungere da una cordata di imprenditori bresciani guidati da Abele Lanzanova. Sul cui conto diversi nutrono tuttavia dei dubbi… TORI&ORSI: LA RUBRICA DELLA FINANZA MENEGHINA E LOMBARDA

di Alessandro Pedrini per Affari Italiani Milano

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Le bollicine “La Versa” hanno rischiato di evaporare. Le storiche cantine dell’Oltrepo’ pavese con 110 anni di storia, negli ultimi anni hanno accumulato debiti per quasi 20 milioni di euro di cui 12 con gli istituti di credito (la maggioranza con Banca Intesa), 4 con i soci e il resto con i fornitori. La crisi ha sicuramente pesato, ma soprattutto alcune scelte sbagliate del management che ne hanno segnato irrimediabilmente il destino. E pensare che la storia di questa eccellenza (di prodotto) lombarda è unica e meravigliosa. Nata il 21 maggio del 1905 per volere di Cesare Gustavo Faravelli ha retto alle due guerre mondiali e ironia della sorte ha rischiato di schiantarsi nell’anno dell’Expo.

Fino alla fine degli anni Ottanta il marchio-spumante dava il filo da torcere ai Franciacorta e ai Ferrari. In quel tempo a condurre l’azienda c’era il Duca Antonio Denari, presidente del primo consorzio di tutela dei vini e il sole brillava splendente sulle vigne di Pinot nero. Poi già negli anni Novanta i primi scricchiolii a causa anche di una strategia di marketing giudicata da molti scellerata. Accanto alle blasonate bollicine venivano affiancati dei rossi non proprio eccellenti e svenduti a prezzi di outlet, svilendo così l’intero brand. In questi anni le banche ancora indenni dalla crisi del credito erogavano importanti finanziamenti. Alcuni soci incolpano proprio gli istituti di credito (Cariplo ora Banca Intesa in testa) di aver spinto il management dell’azienda a comprarsi in quegli anni la Cantina di Montescano, una casa vinicola della zona, piena di debiti e di incertezze. Poi è arrivata la crisi e l’azienda si è trovata sull’orlo del crack con i libri dal giudice che proprio queste settimane ne deciderà il destino.

Ora a provare a salvare la società è arrivato un gruppo di imprenditori bresciani, ma alcuni soci già storcono il naso per il timore che l’azienda venga stravolta e perda la sua identità territoriale. Ma non c’e’ altra soluzione. Gli imprenditori rispondono al nome di Lanzanova che per portar a termine l’operazione hanno costituito il 6 agosto “La Versa International Financial Spa”, una holding di partecipazioni con un capitale sociale di 100mila euro di cui 25mila versati e con sede a Voghera. Gli azionisti sono Elena Lanzanova con l’80% e Fabrizio Cordini con il 20%. L’Amministratore Unico è Abele Lanzanova, un imprenditore originario di Chiari che i suoi “poco amici” tra i soci dell’azienda pavese considerano un avventuriero. Le notizie di stampa locale lo presentano come un imprenditore, un immobiliarista, un manager con proprietà vinicole in Piemonte. In passato avrebbe tentato di acquistare il Como calcio, il Chiari e il Mantova ma tutto finì con un nulla di fatto.

Le malelingue dovrebbero però riconoscere a quest’uomo di essere, al momento, l’unico ad aver messo sul piatto dei quattrini (4 milioni di euro) per tenttare di rianimare l’azienda dopo le trattative più o meno reali con i fantomatici investitori cinesi e dopo il nulla di fatto con la Cantina di Broni, finita nei guai ad agosto con l’accusa da parte delle fiamme gialle di frode a cui è seguito un maxisequestro.

Al momento, secondo le ultime notizie ufficiali, il gruppo avrebbe “sottoscritto accordi importanti con le banche per quanto riguarda la ristrutturazione del debito, a completamento del più ampio accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis della fallimentare a cui è seguito il deposito dell’accordo e presentata la relativa istanza di omologazione, necessaria per dare definitiva esecuzione all’operazione e per la realizzazione del rilancio della società”.

“Il tutto – precisa il presidente di La Versa Dino Alberto Scarabelli – in attuazione di un piano industriale e finanziario sul quale si sono favorevolmente pronunciati i soci in occasione dell’assemblea straordinaria del 14 giugno 2015, quando veniva approvato il nuovo statuto della società e un aumento a titolo oneroso del capitale sociale, con l’emissione di due categorie di azioni, l’una riservata ai soci storici di La Versa S.p.A. e da liberarsi con conferimenti dei crediti a capitale e l’altra destinata a consentire l’ingresso, con il versamento di nuova finanza per quattro milioni di euro, alla cordata di nuovi investitori facenti capo all’imprenditore bresciano Abele Lanzanova. Si sono poste le basi perché La Versa possa tornare a rivestire quel ruolo di preminenza storicamente ricoperto nella panoramica spumantistica nazionale e nella produzione di vini e spumanti dell’Oltrepò Pavese e, anche e a sostegno dei coltivatori della valle, in un momento tra l’altro di forte tensione in conseguenza delle vicende che hanno coinvolto altre realtà produttive locali».

Questo ad oggi. Staremo a vedere cosa succederà nelle prossime settimane e nei prossimi mesi anche perchè i debiti rimangono e l’azienda deve necessariamente iniziare a produrre cassa o i 4 milioni di euro di capitale fresco finiranno in fretta. Molti nutrono dei forti dubbi sui nuovi padroni, ma come si dice a Milano “Piutost che nient l’è mei piutost”. Ma invece di criticare, questi imprenditori pavesi non potevano provare a salvarla loro l’azienda?